Strumenti per potenziare il processo decisionale nella gestione aziendale
Quello del manager è per definizione il ruolo di chi prende iniziative: ma non sempre il processo decisionale gode di buona salute. I fattori che mettono a rischio le buone decisioni sono molteplici: scopriamo insieme quali.
Nella vita aziendale, prendere decisioni è spesso un vero calvario, soprattutto quando sono di grande importanza e le informazioni a supporto si rivelano incomplete o reperibili con difficoltà. Ciononostante, fuori e dentro le aziende prendiamo molte decisioni: secondo alcuni studi, mediamente una persona si impegna in 2.000 decisioni all'ora.1 Anche se, come è chiaro, non tutte queste decisioni devono essere deliberate! La vera discussione avviene solo su questioni complesse, che hanno un impatto significativo sul presente o sul futuro.
Il processo decisionale nella gestione aziendale (o decision-making ) è un fattore strategico, che influenza l'organizzazione a più livelli. I manager si sforzano costantemente di compiere le scelte giuste, attività centrale del loro lavoro. Tuttavia, nella loro pratica quotidiana i decisori si confrontano con una serie di ostacoli, che rendono questi compiti estremamente difficili. La crescente complessità del mondo del lavoro, l’ assetto VUCA del mondo attuale e le sue numerose sfide portano spesso a una mancanza di chiarezza all’interno del processo decisionale, e a una seria difficoltà di risolvere i problemi in modo ponderato .
In effetti, le decisioni sbagliate costituiscono un fenomeno diffuso all’interno delle organizzazioni, e le conseguenze sono notevoli. In questo articolo identifichiamo le ragioni di questo problema, prendendo a ispirazione un’affermazione di Albert Einstein: "Se avessi un'ora per risolvere un problema, passerei cinquantacinque minuti a definire il problema e solo cinque minuti a trovare la soluzione". Analizzare le ragioni di un problema è spesso la fase più importante per la sua risoluzione. Alla luce di questo, proviamo a capire meglio i fattori che condizionano il processo decisionale nella gestione aziendale, e prepariamo la strada per il suo miglioramento.
Cinque fattori chiave che minano il processo decisionale
Le decisioni sono il risultato di una serie di fattori chiamati a combinarsi nel modo più efficiente possibile. Tuttavia, esistono elementi che ostacolano la buona riuscita del processo. Vediamo le ragioni principali che condizionano in modo negativo il processo decisionale nella gestione aziendale.
Eccesso di stimoli
Allestire i passi che permettono alle iniziative strategiche di avanzare, la cura del problem solving, la messa a punto di nuovi approcci che richiedono un alto livello di concentrazione: nell’attuale contesto, i leader devono soddisfare diversi requisiti. Le fonti sono unanimi, e Forbes lo ribadisce : gli stili di leadership stanno cambiando, ampliando i loro orizzonti, rivedendo i loro strumenti. Coloro che si accontentano di risolvere problemi, prendere iniziative e decisioni in modo sporadico o improvvisato, si allontanano da questa aspettativa. Il conflitto è ovvio: dovendo onorare una quantità schiacciante di compiti, il coefficiente di qualità desiderabile si riduce.
Inoltre, la quantità e la varietà degli sviluppi tecnologici degli ultimi anni hanno reso molti processi più facili ed efficienti, ma hanno anche incoraggiato un approccio multitasking che ostacola la concentrazione su un compito specifico. Un vero e proprio caos di informazioni e di comunicazioni ci sta sommergendo: i ricercatori stimano che oggi il nostro cervello debba elaborare un numero di informazioni quintuplicate rispetto a trent’anni fa. Questo porta al rischio di una deriva e ha delle ricadute sulla qualità del processo decisionale.
Ma qual è l’origine di questo smog di informazioni? Senz’altro ha un impatto l’accresciuto ruolo della comunicazione asincrona, che attualmente costituisce la modalità più diffusa di scambio, e specie per i manager che lavorano da remoto o in assetto ibrido. Un ruolo determinante è ricoperto dalle e-mail e dai social media: troppo spesso questi strumenti costituiscono fattori di disturbo, che ostacolano la produttività e l’efficienza del processo decisionale. In questo quadro, ottimizzare i diversi flussi di informazione è davvero vitale.
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Carenza di informazioni
Proprio come l'eccesso di informazioni, anche la carenza informativa condiziona negativamente il processo decisionale. Anche quando l’ assistente di direzione si impegna in un’eccellente preparazione, infatti, le informazioni necessarie per supportare le decisioni possono rivelarsi insufficienti. Il materiale messo a disposizione è spesso carente e progettato e organizzato in modo inefficace. E questo complica l’efficienza di un processo decisionale sano, e in grado di porsi in continuità con le decisioni del passato. La conseguenza è una massiva perdita di tempo, che aumenta i livelli di stress dei manager e contribuisce ad alimentare il circolo vizioso delle decisioni inefficaci.
Senza dubbio, la gestione dei flussi documentali e la tracciabilità delle decisioni passate costituiscono un problema ricorrente nella preparazione delle riunioni e nella tenuta del processo decisionale. Per raccogliere queste informazioni, spesso i leader spendono molta energia, sottraendo tempo e risorse alla fase decisionale.
Anche all’interno delle riunioni, la partecipazione è di solito molto al di sotto dei livelli di desiderabilità. Per esempio, in una riunione di brainstorming perseguiamo l'obiettivo di sviluppare soluzioni creative e nuove iniziative attraverso una sinergia fra teste e persone. Ma, nella pratica, pochissimi partecipanti si sentono veramente inclusi nelle conversazioni. Le riunioni tradizionali penalizzano le personalità introverse, che pensano bene ma parlano poco, e che quindi vengono ascoltate poco o niente. Che sia necessaria un'ottimizzazione in questo senso, e più in generale sul piano del meeting management , appare abbastanza ovvio. Dopo tutto, i leader dipendono direttamente dal prezioso input del loro team, che costituisce una base importante per il processo decisionale.
Stanchezza decisionale
L'affaticamento da riunione e il burnout a cui questo può portare rappresentano un serio problema nel mondo degli affari. Oltre alla "stanchezza da riunione", molti manager si sentono esausti anche quando si tratta di prendere decisioni.2 Tuttavia, la stanchezza e la mancanza di impegno non sono l'unico aspetto che influisce sulla salute delle decisioni. Anche le persone molto energiche raggiungono un limite di sopportazione, a un certo punto. In altre parole, la quantità di decisioni da prendere e lo sforzo che esse richiedono raggiungono troppo facilmente un livello critico. È del tutto naturale che la nostra energia mentale diminuisca quando siamo esposti a uno stress continuo. E l’impatto della fatica si osserva soprattutto per quelle decisioni che hanno un alto impatto sulle altre persone.
Questi fattori portano ad una situazione di “affaticamento decisionale”:
- troppe decisioni da prendere
- elevato sforzo richiesto per ogni decisione
- mancanza di identificazione e di messa in priorità delle questioni
- decisioni da prendere in parallelo
- prendere azioni o iniziative sbagliate e non necessarie
Le decisioni sono precedute da una significativa quantità di lavoro intellettuale e di impegno cognitivo. Di regola, questo impegno prende volume all’aumentare della portata della decisione. E di conseguenza, la stanchezza finisce per accumularsi, facendosi sentire nel medio-lungo periodo e riducendo la qualità delle decisioni.
Metodi di analisi dispersivi
Pratiche semplici e metodi di analisi logicamente strutturati, veloci e orientati agli obiettivi facilitano senza dubbio il processo decisionale nella gestione aziendale, e non solo. Inoltre, analisi rigorose e non dispersive costituiscono un fattore di controllo per le decisioni allestite: se le misure adottate non producono i risultati attesi, possono comunque essere monitorate ed eventualmente corrette, segnando la strada di un prezioso apprendimento. Anche in questo caso, la prassi ci presenta situazioni molto diverse, e per nulla ottimali: la quantità di informazioni disponibili su alcune decisioni supera di gran lunga la nostra capacità di assorbirle.
Di conseguenza, la necessità di filtrare le informazioni non solo rallenta il processo decisionale, ma lo rende più dispersivo e ingombrante. Le sfide possono spesso essere viste da molte angolazioni, e una visione completa e razionale può essere difficoltosa in mancanza di un’analisi strutturata. Capita infatti che le strutture dei dati, i modelli di analisi e i punti di vista divergano. E spesso, più un problema viene esaminato e discusso, più appare complicato. In questi casi di “deriva dei punti di vista”, il tempo passa senza che ci si avvicini ad una decisione, generando frustrazione. Ogni riunione di lavoro improduttiva ha in questo la sua parte di responsabilità.
Mancanza di chiarezza, carenza di struttura ed esubero informativo sono quindi fattori predisponenti a decisioni sbagliate. Al contrario, processi semplificati e ottimizzati permettono di offrire una visione dettagliata e chiara delle iniziative da intraprendere.
Instabilità emotiva
È inevitabile: emozioni e decisioni sono componenti interconnesse. E non è un segreto che, soprattutto su larga scala, i sentimenti giochino un ruolo centrale anche nei processi più razionali ed apparentemente rigorosi. Per prendere decisioni nel modo più obiettivo e centrato possibile, il ruolo delle emozioni negli iter decisionali deve essere gestito in vista della salute del processo. Il che non significa certo “spegnerle”.
Ma anzi evitare che queste prendano il sopravvento, generando una scarsa capacità di prendere decisioni chiare. Proprio come nel caso di un semplice dialogo, che può trasformarsi rapidamente in una spirale negativa a causa di emozioni esuberanti, fare una pausa prima di ogni decisione importante può essere una formula collaudata.
Le decisioni diventano più controllate e promettenti quando la nostra mente è messa in condizioni di libertà e di chiarezza.
Non sempre le indicazioni in apparenza più banali possono essere attuate con facilità nella vita quotidiana, così stressante e caratterizzata da una perenne mancanza di tempo. Questo è senz’altro un quadro che predispone alle decisioni errate, anche e soprattutto sotto il profilo del clima emotivo. Emozioni e sentimenti possono infatti essere una meravigliosa incarnazione della nostra personalità, ma anche influenzare i nostri giudizi. Il che non significa perorare la causa della “pura razionalità”, che del resto non sarebbe possibile. Il suggerimento è semplice: imparare a distinguere la razionalità di una decisione e l’impatto delle emozioni implicate nel processo.
Concludendo: i decisori possono ottimizzare il loro approccio
Il processo decisionale è una componente essenziale della leadership: non rappresenta solo un'attività chiave del ruolo di leader, ma anche un tratto della sua personalità. Il leader è a tutti gli effetti un decisore.
I decisori hanno un ruolo importante da svolgere nella nostra realtà, e la loro importanza è ulteriormente rafforzata dal mondo iperconnesso di oggi. Come abbiamo spiegato in questo articolo, i fattori che portano a decisioni sbagliate sono numerosi. E molti di questi sembrano essere fuori controllo, come se le condizioni per prendere buone decisioni non potessero essere ristabilite.
In realtà, il processo decisionale può essere costantemente ottimizzato. E la consapevolezza delle ragioni e dei fattori che scatenano cattive decisioni rappresenta un primo passo importante in questa direzione.
1 ‘ 6 Reasons We Make Bad Decisions, and What to Do About Them ’, Harvard Business Review, 2019.
2 Dall’Inglese “Meeting Recovery Syndrome”, concetto coniato dall’esperto in riunioni Steven Rogelberg.