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Dai principi all’azione: le caratteristiche di un buon leader, oggi

La nostra è un’epoca instabile, anche per l’assetto di mercati e organizzazioni. In questo mutato scenario il cambiamento degli stili di leadership è una nuova priorità. Ma cosa significa, esattamente, essere “un buon leader”? Scopriamolo insieme.

Aura Tiralongo
Aura Tiralongo
Leadership Collaborativa: caratteristiche di un buon leader

Dopo l’esperienza della pandemia, e alla luce delle attuali crisi geopolitiche, non ci sono più dubbi: la nostra è un’epoca segnata dall’instabilità e da cambiamenti repentini, battute d’arresto, inversioni, ripartenze.

In effetti, nei contesti specialistici è in uso già da anni l’ acronimo Vuca (Volatility, Uncertainty, Complexity e Ambiguity) per descrivere i peculiari caratteri del mondo moderno e per mettere in guardia dalle influenze di questi caratteri sugli stili e i presupposti che per lungo tempo hanno guidato le attività umane. Organizzazioni comprese. Nasce da qui la necessità di rivalutare paradigmi consolidati e vecchi schemi di pensiero, nell’ambito di un contesto, anche produttivo, che pone precise sfide. L’attuale dibattito in fatto di evoluzione degli stili di leadership , e di quali siano ad oggi le caratteristiche di un buon leader, è uno dei grandi protagonisti di questo scenario.

Se l’impatto della globalizzazione e della digitalizzazione incoraggia già da anni un cambiamento di approccio alla gestione delle persone da parte dei leader, con la pandemia – e gli scenari ibridi e da remoto collegati – questa transizione è diventata un’urgenza. La previsione si è trasformata in dato di fatto: i modelli di business tradizionali sono ormai obsoleti.

Il passaggio da questa consapevolezza alla presa in carico del cambiamento, tuttavia, non è banale. 

Cerchiamo allora di fare ordine sui nuovi principi guida: quali sono le caratteristiche del buon leader del futuro? E come può un leader efficace garantire il successo dell’organizzazione nel mutato contesto?

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Trasformazione digitale: come cambiano le soft skill e le dinamiche nei team di lavoro

Partiamo dai dati. Una recente indagine di Great Place to Work condotta da Espresso Communication ha coinvolto un panel di 20 professori universitari, per indagare le dieci “soft skill” essenziali per il leader efficace del futuro. Ne esce una lista di “must have”.

  1. Ascolto attivo. Un buon leader deve avere a cuore le opinioni di tutti i componenti del team, e incoraggiarli ad esprimersi senza timori.
  2. Motivational speaking. È importante che sappia motivare i collaboratori ispirando positività, ma soprattutto fiducia.
  3. Empatia. Questa la chiave da possedere per comprendere in profondità le esigenze dell’azienda e dei colleghi.
  4. Interpersonal skill. La gentilezza è una leva fondamentale delleader efficace, per avere successo e per alimentare relazioni funzionali all’interno dei team di lavoro.
  5. Gestione dei conflitti. Saper gestire e valutare le cause dei conflitti favorisce uno scambio di opinioni più efficace e permette di intervenire in caso di - fisiologiche - divergenze di vedute.
  6. Leadership collettiva. Tra le caratteristiche di un buon leader c’è anche la capacità di valorizzare il ruolo dei propri collaboratori, rendendoli un punto di riferimento per attività aziendali di rilievo. Il che significa saper comprendere quando è il momento giusto di passare la parola anche ai membri del team più riservati, o più refrattari a “farsi sentire”.
  7. Comunicazione efficace. Un buon leader deve essere in grado di comunicare in maniera efficace e chiara con i suoi collaboratori e clienti.
  8. Time management. È un punto chiave , che riguarda la capacità di saper gestire e organizzare il lavoro in modo strutturato e razionale, rispettando le scadenze previste e prendendosi cura del tempo dei propri collaboratori.
  9. Feedback. I riscontri sui processi da parte del team sono un fattore di fondamentale importanza per migliorare gli iter di lavoro, sia dal punto di vista professionale che personale.
  10. Flessibilità. Un buon leader deve sapersi adattare alle diverse situazioni lavorative, e trovare soluzioni collaborative in caso di problemi di percorso.


Ne emerge che le caratteristiche di un buon leader verteranno su un concetto trasversale e ulteriore rispetto alle “semplici” doti tecniche: il futuro sarà nel segno della relazione. L’impatto della digital disruption (o trasformazione digitale), infatti, chiama in causa non solo il ruolo determinante delle tecnologie all’interno delle routine aziendali e di vita.

Ma anche e soprattutto le modalità attraverso cui i gruppi di lavoro e gli individui al loro interno sono messi nelle condizioni di allinearsi al cambiamento. Il ruolo cruciale dei leader nella proposta di modelli organizzativi alternativi, e il nesso fra questi e la stessa sopravvivenza delle aziende, costituiscono un’assoluta priorità.

Anche e soprattutto in azienda, infatti, il motore che guida la creazione di valore è la relazione fra le diverse componenti di un team, e la capacità di mettere in sinergia competenze e funzioni con obiettivi condivisi e non imposti. Al centro della scena c’è il rispetto della persona e del suo tempo. 

Per questo:

 

le linee guida su quali siano le nuove caratteristiche del buon leader mettono in rilievo il nesso importantissimo fra “time management” e “collaborazione”.


Ed è proprio su questo punto che nasce il bisogno di riconsiderare un aspetto gestionale spesso sottovalutato. Ossia quelle occasioni in cui, nelle routine aziendali, si esprimono al massimo le doti relazionali del buon leader. Di quali occasioni stiamo parlando?

 

Riunioni aziendali: il vero fulcro della “leadership collaborativa”

La tradizionale logica verticista e gerarchica, in cui un capo decide e una piramide di sottoposti esegue, è finita. L’approccio gerarchico cede il passo all’importanza della collaborazione fra soggetti adulti, e trattati come tali. Si parla non a caso di “leadership collaborativa”, caratterizzata da stili di relazione orizzontali e improntati al networking. La netta separazione fra chi comanda (e decide), e chi invece esegue (e subisce le decisioni) cade. E le due anime dello stratega e dell’esecutore convergono, fino ad unirsi.

In questa transizione, un banco di prova indispensabile è dato dall’analisi dell’andamento delle riunioni aziendali: occasioni relazionali per eccellenza, cartina di tornasole della salute dei team e vero cardine della creazione di valore nei processi decisionali e di leadership. Cosa ancor più vera nell’attuale scenario ibrido, segnato dall’uso – non sempre maturo – di una varietà di piattaforme e tecnologie.

 

Meeting management: come gestire il problema della “riunionite”

I dati al riguardo sono significativi: il problema della “riunionite” (“meeting madness” in Inglese) è un generalizzato motivo di frustrazione e di scarsa produttività per manager aziendali e dipendenti. Troppe riunioni: lunghe, affollate, organizzate in modo confuso e complicate da un uso improvvisato di tecnologie nate per altri scopi.

Il risultato è che un terzo del tempo speso in riunione è considerato demotivante e addirittura controproducente: l’obiettivo della riunione non è chiaro, l’ordine del giorno è male organizzato, le discussioni deragliano e si prolungano all’infinito. Gli incontri iniziano e si concludono in ritardo. La gestione dei documenti utili alla discussione è improvvisata: ci si affida a un caos di email e di allegati, si perde il controllo delle diverse versioni dei materiali e le si espone a condivisioni indebite e attacchi informatici. Infine: ci si rassegna a pensare che tutto questo sia “un male necessario”.

Eppure, già al 2018 il costo delle riunioni improduttive, e solo in Europa, era di 32 miliardi l’anno. Un dato sbalorditivo. E per giunta in peggioramento: se già prima della pandemia circa il 50% dell’impegno individuale dei vertici aziendali era dedicato ai meeting, nell’attuale scenario “ibrido e smart” numero e frequenza delle riunioni sono aumentati in modo massivo. Alcuni dati li danno addirittura per quintuplicati. 

In questo scenario, gli interrogativi sulla matura gestione delle tecnologie utilizzate sono cruciali: limitarsi a digitalizzare i vecchi iter non è una buona idea. Perché la trasformazione digitale diventa una spinta positiva solo quando le tecnologie si pongono al servizio delle persone, della loro capacità di relazione e di processi organizzati in modo strutturato e razionale. 

 

Sinergia tra strumenti digitali e capacità di collaborazione di un team

Qual è la morale? Le ricadute del “meeting management” sulla qualità della leadership sono ormai indiscutibili. E la necessità di gestire il processo di riunione nelle sue diverse fasi (prima, durante, dopo) attraverso una tecnologia dedicata non può più essere considerata un aspetto rimandabile delle routine aziendali. Perché questo possa avvenire è fondamentale rivolgersi a software dedicati al Meeting Management , anche e soprattutto per quanto riguarda le riunioni dei consigli di amministrazione e di leadership. 

La sinergia fra strumento digitale e capacità di collaborazione di un team costituisce il cuore battente della rivoluzione in atto, per restituire efficienza ai processi prima, durante e dopo gli incontri. Il che significa, in primo luogo, ribadire l’importanza di una delle più importanti dimensioni della vita di un individuo: il tempo. 

La svolta nell’evoluzione degli stili di leadership parte da qui. Ed è il momento di farsi trovare pronti.

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Questo contenuto è liberamente tratto dall’articolo “ Meeting Management e nuovi stili di leadership: come guidare un’azienda attraverso la trasformazione digitale ”, pubblicato il 9/02/2022 su Forbes Italia e a firma della stessa autrice.


Aura Tiralongo
Aura Tiralongo
L'autore
Aura Tiralongo ha pluriennale esperienza in scrittura professionale ed è docente all’Università IULM di Milano. In Sherpany ha il ruolo di Content Manager, sviluppando interviste e approfondimenti per il mercato italiano.